La politica latita, Confindustria all’attacco del governo Berlusconi ormai in crisi conclamata
Spunta la lettera della Bce, ma la sostanza di una politica fallimentare non cambia.
Obama spaventato dall’Europa: cronaca di una miopia che non sorprende più!
Corre l’obbligo però, di sottolineare come l’essere d'accordo su questo passaggio non significhi il fatto di poter replicare con altrettanta risolutezza alla sfrontatezza con cui il solerte (adesso!) presidente degli Stati Uniti cerca di vendere un prodotto in modo da arrivare alla riconferma del mandato presidenziale.
Barack Obama sembra dimenticare il ruolo determinante, attivo e probabilmente primordiale che gli stessi States hanno avuto nell'accelerazione dello sgretolamento di un “sistema” arrivato al culmine della sua parabola discendente. Vogliamo ricordare al presidente Obama la sconsiderata politica economica che ha permesso la prima crisi dei “subprime” sottolineando come siano state le prime avvisaglie della "mondialità" e del carattere strutturale di quella che negli anni si è trasformata in una tragedia socio-economica. In realtà crediamo che anche Lui sia cosciente del fatto che da questa crisi si uscirà probabilmente con le ossa più che rotte, e che uscirne con i soliti strumenti significa creare nuove disuguaglianze, fare nuove "vittime" e produrre nuovo sfruttamento, umano e sociale. Se da questa crisi riusciremo ad uscire potremo solo sperare nella presa di coscienza del fatto che occorrano politiche alternative, tali da non riproporre gli strumenti che l'hanno determinata. Non essendo "geneticamente" d'accordo sul fatto di cambiare indirizzo, né tanto meno di modificare un modello socio-economico che è da tempo improntato sul liberismo selvaggio, il presidente Obama si guarda intorno alla ricerca di qualcuno che possa scontare la pena al posto del grande paese del quale si trova alla guida. Perché tacere e non chiamare le cose con il loro nome? Da che mondo è mondo l'America ha cercato di risolvere le lacune che di volta in volta si creavano al proprio interno attraverso l'uso ambiguo della partecipazione a conflitti bellici (quasi sempre evitabili), sviluppando e incrementando l'attività delle industrie produttrici di armi, senza mai aver messo in conto un cambiamento che coniugasse la tanto sbandierata parola "libertà" a quella più realistica e improntata sulle opportunità sociali diffuse e accessibili ai più. Le parole scorrono veloci quando a pronunciarle è lo stesso presidente Americano, che coglie l'occasione della sua presenza come ospite al dibattito sul tema dell'occupazione organizzato da Linkedin, il social network che si rivolge prevalentemente ai professionisti: "L'Europa sta affrontando la crisi del debito pubblico ma non sta agendo abbastanza velocemente per risolvere il problema".
Barack Obama sembra dimenticare il ruolo determinante, attivo e probabilmente primordiale che gli stessi States hanno avuto nell'accelerazione dello sgretolamento di un “sistema” arrivato al culmine della sua parabola discendente. Vogliamo ricordare al presidente Obama la sconsiderata politica economica che ha permesso la prima crisi dei “subprime” sottolineando come siano state le prime avvisaglie della "mondialità" e del carattere strutturale di quella che negli anni si è trasformata in una tragedia socio-economica. In realtà crediamo che anche Lui sia cosciente del fatto che da questa crisi si uscirà probabilmente con le ossa più che rotte, e che uscirne con i soliti strumenti significa creare nuove disuguaglianze, fare nuove "vittime" e produrre nuovo sfruttamento, umano e sociale. Se da questa crisi riusciremo ad uscire potremo solo sperare nella presa di coscienza del fatto che occorrano politiche alternative, tali da non riproporre gli strumenti che l'hanno determinata. Non essendo "geneticamente" d'accordo sul fatto di cambiare indirizzo, né tanto meno di modificare un modello socio-economico che è da tempo improntato sul liberismo selvaggio, il presidente Obama si guarda intorno alla ricerca di qualcuno che possa scontare la pena al posto del grande paese del quale si trova alla guida. Perché tacere e non chiamare le cose con il loro nome? Da che mondo è mondo l'America ha cercato di risolvere le lacune che di volta in volta si creavano al proprio interno attraverso l'uso ambiguo della partecipazione a conflitti bellici (quasi sempre evitabili), sviluppando e incrementando l'attività delle industrie produttrici di armi, senza mai aver messo in conto un cambiamento che coniugasse la tanto sbandierata parola "libertà" a quella più realistica e improntata sulle opportunità sociali diffuse e accessibili ai più. Le parole scorrono veloci quando a pronunciarle è lo stesso presidente Americano, che coglie l'occasione della sua presenza come ospite al dibattito sul tema dell'occupazione organizzato da Linkedin, il social network che si rivolge prevalentemente ai professionisti: "L'Europa sta affrontando la crisi del debito pubblico ma non sta agendo abbastanza velocemente per risolvere il problema".
Già, debito pubblico… Si è mai chiesto Obama, chi e come si è formato questo debito pubblico? Oppure, ha mai pensato al motivo per il quale viene chiesto ai più deboli, ai ceti meno abbienti e soprattutto ai lavoratori dipendenti, di pagare questo debito al posto di chi in realtà l'ha causato?
Se la crisi è mondiale, non possiamo che confrontarci con queste problematiche. Scaricare le responsabilità su altri come spesso (per non dir sempre) è avvenuto, non è più proponibile. Così come chiedere che a pagare il frutto di questa crisi siano sempre ed ancora gli stessi. Lo hanno compreso gli "Indignados" in Spagna e molti altri movimenti popolari che si stanno sviluppando ovunque. Già molto tempo fa, da Porto Allegre partì un segnale che nessuno ha mai voluto ascoltare, quanto piuttosto avversare. Gli effetti nefasti di un processo globalizzante ha determinato una forte accelerazione alla dissoluzione di un intero sistema economico-sociale. Quello stesso sistema che da secoli produce ricchezza attraverso lo sfruttamento e la crescita del profitto a discapito dell'aumento di una crescente fascia di povertà. Crediamo che siano in pochi a meravigliarsi delle paure del Presidente Obama, al quale potrebbe venir risposto che non è la sola Europa che spaventa il mondo quanto l'ostinatezza e l'avidità di coloro i quali fanno di tutto per mantenere una situazione di privilegio di cui fanno, e continueranno a fare le spese, i più deboli; non a caso definiti ormai con il termine di "soliti noti".
Pubblicato su Dazebao.NEWS.it
Se la crisi è mondiale, non possiamo che confrontarci con queste problematiche. Scaricare le responsabilità su altri come spesso (per non dir sempre) è avvenuto, non è più proponibile. Così come chiedere che a pagare il frutto di questa crisi siano sempre ed ancora gli stessi. Lo hanno compreso gli "Indignados" in Spagna e molti altri movimenti popolari che si stanno sviluppando ovunque. Già molto tempo fa, da Porto Allegre partì un segnale che nessuno ha mai voluto ascoltare, quanto piuttosto avversare. Gli effetti nefasti di un processo globalizzante ha determinato una forte accelerazione alla dissoluzione di un intero sistema economico-sociale. Quello stesso sistema che da secoli produce ricchezza attraverso lo sfruttamento e la crescita del profitto a discapito dell'aumento di una crescente fascia di povertà. Crediamo che siano in pochi a meravigliarsi delle paure del Presidente Obama, al quale potrebbe venir risposto che non è la sola Europa che spaventa il mondo quanto l'ostinatezza e l'avidità di coloro i quali fanno di tutto per mantenere una situazione di privilegio di cui fanno, e continueranno a fare le spese, i più deboli; non a caso definiti ormai con il termine di "soliti noti".
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Niente di nuovo sul “fronte” italiano. Ma gli “indignati” si preparano!
Se questo cade la Lega scompare risucchiata nel vortice di contraddizioni e danni che hanno accompagnato e continuano ad accompagnare l'azione governativa. Questa volta sarebbero gli stessi ceti meno abbienti sui quali aveva fatto presa togliendo voti e consensi persino alla sinistra, a chiedergli spiegazioni alle quali non avrebbe risposta da dare. Il populismo gridato è ormai alla fine ed allora meglio rimanere in plancia di comando più che si può! Il referendum per l'abrogazione della legge elettorale in vigore ha già raggiunto un numero considerevole di firme e tutto lascia da pensare che sarà la prossima scadenza alla quale saranno chiamati ad esprimersi i Cittadini italiani. Ecco spiegato l'annunciato quanto lento dispiegamento di forze di un Pd che sembra quasi non aver fretta. Il maggior partito dell'opposizione pensa a ritrovarsi in un appuntamento seminariale sulla Socialdemocrazia quando ogni giorno il nostro governo, soprattutto grazie a Berlusconi ed al suo principale socio & alleato che lancia strali dalla “sua” Padania, offrono spunti e materiale per un lavoro che non lascia dubbi alla strategia politica che dovrebbe esser portata avanti. Non esistono più regole tanto che lo stesso Berlusconi si permette pure di affermare che si trova in uno Stato di polizia! Di quale stato parli non è dato sapere, Lui che ne dovrebbe invece rispondere per primo in qualità di Presidente del Consiglio. Il dito medio di Bossi, un Ministro della stessa Repubblica (Brunetta) tranquillamente etichettato come "pirla", il Premier che se ne frega della magistratura e non si presenta ai processi né tanto meno si mette a disposizione degli Organismi deputati alle indagini, colpi di decreti dai contorni sorprendenti e allucinanti (futura e probabile abolizione dei certificati antimafia) altro ormai non sono che note di cronaca. In questa cornice depressiva, somigliante ad una fase distimica tendente al netto ribasso, l'opposizione pensa a studiare?!
Malgrado questo c'è anche un'Italia che non si arrende; è l'Italia dello stato di diritto, del Cittadino che sta organizzando la propria "indignazione" che sfocerà nella più che probabile manifestazione di piazza del 15 ottobre a Roma. Gli indignati crescono, sono sempre più numerosi, scoprono di avere troppe cose in comune e altrettante da rivendicare. Sono i tanti Cittadini precari, disoccupati, sfruttati, dilaniati dai provvedimenti che alla fine colpiscono sempre loro tanto da spingerli, sulla spinta del movimento che ha preso origine in Spagna, a "indignarsi" apertamente anche nel Nostro paese. La situazione non è delle più incoraggiati; non si può essere entusiasti, neppure quando si assiste alla costruzione di una protesta ampia e diffusa: è il chiaro segno della disperazione che si respira, della delusione, scontentezza, delle nubi che avvolgono il futuro di milioni di Persone. Forse anche Berlusconi e Bossi non sono altro che la punta di un iceberg che indica quanto siano gravi le condizioni cliniche di un sistema sociale ed economico che ha mostrato tutti i suoi limiti tanto da spingerci alla diagnosi di malattia in fase terminale.
Tutti contro tutti. La maggioranza salva Milanese e se stessa, ma l’opposizione non è ancora decisiva.
La politica della speranza non paga. L’opposizione parla troppo senza concretizzare nulla.
Il garantismo resti sovrano ma qualcuno fermi il declino impietoso di un uomo che vuole persino sfidare la storia.
Tuoni e fulmini dal Monviso: Bossi parla di alternativa e le camicie verdi gridano alla secessione
Il clima era quello "adatto", tanto che non hanno tardato a farsi sentire i cori con le fatidiche parole "secessione, secessione". Il difficoltoso intercalare del leader del Carroccio non ha impedito che la forza d'urto sul tema a Lui tanto caro si placasse: "Anche durante il giro della Padania abbiamo visto che certi passi vanno fatti in favore della storia, altrimenti c'è soltanto il caos". Quello che continuiamo a non capire è l'attacco che indirettamente (più o meno) la stessa Lega lancia all'operato del governo al quale non ha negato un contributo sostanzioso, anzi... Sembra quasi che il buon Bossi abbia dimenticato di far parte della stessa maggioranza che ha partorito questa scellerata manovra, e che prima ancora ha portato il paese sull'orlo di una "profonda crisi di nervi". Dov’era il “mitico” Senatur in questi anni? Quale politica ha portato avanti la Lega durante tutto questo arco di tempo? Le domande sembrano non sortire risposta, almeno non sul Monviso dove echeggiano ancora le saette dello stesso Bossi: "Come andava, che sarebbe finita male lo sapevamo: dopo la crisi il Nord non potrà permettersi più di continuare a mantenere tutto il Paese e l'assistenzialismo del Sud che garantisce a Roma di essere capitale. Conclude poi dicendo ai suoi attenti ascoltatori che "Ci aspetta un anno positivo, un anno in cui la Padania va a disegnarsi con grande determinazione. Noi siamo buoni ed educati, lo avete visto anche durante il giro della Padania, qualcuno lo voleva fermare ma in quell'occasione occorreva stare con i nervi saldi e per fortuna che c'è mio figlio Renzo che ha tenuto i nervi calmi, se c'ero io forse poteva andare un po’ diversamente". Probabilmente un modo per evidenziare il ruolo emergente del figlio, visto che le quotazioni di Maroni non fanno cenno a calare.
C'è veramente poi molto da capire? In realtà ci sembra più che evidente la contraddizione in cui la Lega è caduta. Ma come dicono a Napoli, "qua nessuno è fesso". Il leader della Lega è un uomo accorto, e sa benissimo che le quotazioni del centrodestra e di Berlusconi in primis, sono in caduta libera. Meglio quindi fare due conti sulla futura tornata elettorale dove, a quanto sembra, le probabilità di un'affermazione dello stesso schieramento politico che ha governato l'Italia in questi ultimi anni, risulta alquanto improbabile.
Come sono lontani i tempi in cui si sentiva ripetere lo slogan "Roma ladrona!". Eppure se Berlusconi ha potuto resistere a tutto, compreso le sue "vicissitudini" personali, può ringraziare proprio il partito di Bossi. Ecco che dall'ampolla magica del Senatur escono tuoni e saette verso ciò che attraverso decreti e fiducie varie non si potrà più ottenere. Il problema è comunque serio. Sottovalutare l'attacco all'unità del Nostro paese sarebbe miope. Attualmente è in grado di dire ciò che vuole e sa benissimo di poter tentare un salto nel vuoto con il paracadute Berlusconiano. Ciò moltiplica il livello di pericolosità della politica portata avanti con un fraseggio ed un modo di fare che in altro contesto sarebbe sicuramente "verificabile". Sarebbe interessante poi valutare attraverso stime e dati le affermazioni sui contenuti fatti dallo stesso Bossi. Il sud è una ricchezza per il Paese e non una zavorra; senza l'apporto anche indiretto del Nostro sud tanti meccanismi economici non funzionerebbero neppure al nord. La favola del settentrione come traino economico e volano di sviluppo dell'intera nazione è ormai diventato poco credibile. Si dimostri con i fatti se è possibile, e non con proclami. Fermo restando che l'Italia ha conosciuto vittime e lotte storiche per diventare un Paese unito, e tale vuole rimanere.
Come sono lontani i tempi in cui si sentiva ripetere lo slogan "Roma ladrona!". Eppure se Berlusconi ha potuto resistere a tutto, compreso le sue "vicissitudini" personali, può ringraziare proprio il partito di Bossi. Ecco che dall'ampolla magica del Senatur escono tuoni e saette verso ciò che attraverso decreti e fiducie varie non si potrà più ottenere. Il problema è comunque serio. Sottovalutare l'attacco all'unità del Nostro paese sarebbe miope. Attualmente è in grado di dire ciò che vuole e sa benissimo di poter tentare un salto nel vuoto con il paracadute Berlusconiano. Ciò moltiplica il livello di pericolosità della politica portata avanti con un fraseggio ed un modo di fare che in altro contesto sarebbe sicuramente "verificabile". Sarebbe interessante poi valutare attraverso stime e dati le affermazioni sui contenuti fatti dallo stesso Bossi. Il sud è una ricchezza per il Paese e non una zavorra; senza l'apporto anche indiretto del Nostro sud tanti meccanismi economici non funzionerebbero neppure al nord. La favola del settentrione come traino economico e volano di sviluppo dell'intera nazione è ormai diventato poco credibile. Si dimostri con i fatti se è possibile, e non con proclami. Fermo restando che l'Italia ha conosciuto vittime e lotte storiche per diventare un Paese unito, e tale vuole rimanere.
Intercettazioni: è di nuovo bufera su Berlusconi. Ancora una volta rinviato a giudizio!
La solita favola del perseguitato: Berlusconi a Bruxelles per difendere l’Italia dalla sinistra
Mentre il gioco ristagna a centrocampo, Berlusconi se la ride e va avanti.
Obama investe, Napolitano spera. In cosa..?
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Cronaca di un giorno qualunque. Volti disperati che non verranno ascoltati…
Ieri le piazze erano piene, nessun trucco sui numeri; in molti si sono fermati per dire NO a questa manovra che non è fatta solo di numeri astratti ma bensì di contenuti che ledono il diritto a vivere secondo quello che dovrebbe essere "il rispetto dei diritti"!
Tasse per i grossi patrimoni? Il buonsenso comincia a farsi largo.
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