Confusione, smarrimento o tattica? Fornero rettifica sui salari e riflette “a sorpresa” sui temi del lavoro.


Ci resta difficile non immaginare il Cittadino come smarrito e incredulo, specialmente di fronte al tam tam che un giorno "dice" una cosa e quello successivo afferma il suo contrario. Non siamo visionari e neppure faziosi. Teniamo alla chiarezza e così continueremo. Il ministro Elsa Fornero nel breve volgere delle 24 ore ritorna sui problemi del lavoro, afferma di non aver mai messo in discussione l'art.18 e di essere stata fraintesa.
Rincara la dose affermando che i salari (come avevamo già scritto) andrebbero alzati. Siamo in presenza di uno stato confusionale: si richiama all'art.18 quando questo non c'entra con la manovra; si preannunciano provvedimenti (strumentalizzati dalla Reale volpe di Confindustria, tale Emma Marcegaglia) per regolare il mercato del lavoro. Dulcis in fundo, si ritorna in senno chiarendo che i salari sono bassi e occorre studiare le contromisure da mettere in campo! A che gioco stiamo giocando, ministro Fornero? Non è uso parlare in prima persona ma stavolta farò un'eccezione. Sono convinto che Lei sia animata da buone intenzioni e sia la più "umana" dell'esecutivo del Premier Monti. Mi stupisco di alcune sue affermazioni ma da buon garantista attenderò che faccia chiarezza. Sono personalmente convinto della sua buona fede durante l'episodio in cui Lei ha mostrato un lato umano non di poco conto: credo alle sue lacrime che erano sofferte e non costruite. Voglio auspicare che riesca a dimostrare al Popolo italiano ciò che anima veramente le sue intenzioni. Esco da questa interpretazione personale e ritorno all'oggi. La manovra non prevede aggiramenti. Il primo a sottolineare questo è Stefano Fassina, responsabile Economia per il Partito Democratico. Citiamo le sue parole per dovere di cronaca: "Speriamo che la Fornero decida veramente di rimettere mano (al tema del lavoro in seno alla manovra) perché è vero che i salari non hanno tenuto il passo dell'inflazione. È vero anche però che l'aumento dei salari deve essere di pari passo con la produttività. È qui che bisogna agire. Non credo che i salari si possano aumentare per decreto, sgombriamo il campo dai falsi problemi come l'articolo 18 e andiamo a toccare quei nodi che possono migliorare la produttività del Paese". Come dargli torto? C'è quindi qualcosa che non torna, che stride con quanto affermato implicitamente in questi giorni, con quanto strumentalmente è stato ripreso da Confindustria attraverso le parole della "Zarina", Emma Marcegaglia. L'impressione che si voglia mischiare le carte per far stare buone le parti sociali e i lavoratori, è più che legittima. Non è possibile che oggi si affermi che l'art. 18 non è un tabù (non comprendendo cosa c'entri nella manovra) ed il giorno dopo si affermi che occorre uno "scatto" di equità e riequilibrio sui salari e sulle problematiche del lavoro. La sottolineatura di Fassina mette a nudo uno scenario secondo il quale è quasi impossibile rimettere in discussione provvedimenti presentati al vaglio delle Camere con un semplice decreto. La preoccupazione è evidente, ma nello stesso tempo ci conforta la presa di coscienza sul problema in realtà esistente; soprattutto se a farlo è un autorevole Rappresentante del governo. Le parole del leader sindacale Bonanni sono chiare: "Io sfido la Fornero a discutere come alzare il salario ai flessibili e di come il governo debba incentivare fiscalmente e con altri strumenti questa possibilità". E' un chiaro invito a discutere sulla riforma del mercato del lavoro partendo dalle "mancanze" che sono in essere, prima delle quali quella sul precariato. Come già aveva preannunciato Stefano Fassina, non si prevede alcun incontro prima di gennaio; in quella data la manovra avrà già avuto un carattere esecutivo e il dubbio sul fatto di ritornare sopra qualcosa già deciso è più che giustificato e crediamo non sia una cosa davvero semplice. Lo stesso Fini, non certo catalogabile nella lista dei comunisti, dichiara la propria iscrivibilità tra coloro che definiscono ideologico il dibattito sull'articolo 18. "Ci si interroga solo su come licenziare e non sul come assumere", afferma lo stesso presidente della Camera nel corso della cerimonia di auguri con l'Associazione stampa parlamentare. "Bisogna avere un approccio laico al tema e il governo non può prescindere dall'ascoltare le parti sociali". Siamo ancora nell'ambito dei buoni propositi, ma almeno si apre un terreno di confronto che non è chiuso a prescindere. Le ambiguità da questo momento avranno poco spazio e questo grazie a quella tanto vituperata e penalizzata informazione (vedi questione degli ordini professionali e degli stanziamenti di fondi tagliati sull'editoria, ndr) che ogni giorno corre dietro alla voce più importante per consegnarla all'ascolto del Cittadino. Nessuna volontà di recitare un ruolo vittimistico; basterebbe che vi fosse una reale presa di coscienza su quelle che sono le problematiche dei lavoratori di qualunque settore essi siano. Adesso è il momento di aprire una discussione di equità, dopo auspichiamo l'entrata nel merito di una forma di giustizia che punti allo smantellamento delle lobby e del corporativismo che questo giornale più volte e con coraggio ha denunciato con forza, anche a costo di rendere impopolare il suo modo di "vedere" le dinamiche in essere. Parliamo tanto di liberalizzazioni quando in realtà occorre trovare una sintesi attraverso un riconoscimento di uno status omogeneo e composto da diritti e doveri estendibili a tutte le categorie dei lavoratori, a prescindere dal settore. La conferma dell'articolo 18 è solo il primo passo nonché la linea del Piave che non può essere, ripetiamo, messa in discussione.




Publicato su Dazebao.NEWS.it

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