Assistiamo alla stessa farsa da decenni, eppure la trama riesce a colpire egualmente il "cuore" dell'opinione pubblica!
Culture secolari, religioni, e costumi altrettanto antichi, rimangono ogni volta imprigionati nel mirino di un meccanismo che privilegia la tutela del sistema Occidentale.
Ormai c'è la tendenza (voluta?) a generalizzare, non pensando che il "buono" e il "cattivo" esiste in ogni dove.
La cronaca è ormai conosciuta e ci consegna una serie di atti violenza e di moti di protesta che hanno colpito, in diversi Luoghi, obiettivi "occidentali".
Nessuno ha l'intenzione di giustificare la violenza, specialmente se può costituire il pretesto per una reazione che viaggerebbe sullo stesso piano, ma uscire fuori dal piano dell'analisi e della comprensione degli avvenimenti, appare sicuramente sbagliato e strumentale.
Barack Obama, in occasione del suo intervento di ieri (mart. 25 settembre, ndr.) all'Assemblea dell'ONU, ha esplicitamente e altrettanto "semplicemente", risposto come sempre hanno fatto i suoi predecessori, dichiarando che le proteste musulmane sono un "attacco agli ideali su cui si fonda l'ONU" e non solo L'America.
Ma quali sono gli ideali su cui si fonda l'ONU? Forse ci sbagliamo nel credere che siano il perseguimento della Pace nel Mondo?
Se la risposta è affermativa viene da chiedersi quali possano essere, e da cosa possano essere motivate le innumerevoli risoluzioni che negli anni sono scaturite proprio da quell'Organizzazione; risoluzioni che hanno spesso legittimato interventi militari, con la conseguente apertura di ulteriori conflitti, azioni belliche ed altro.
Le domande si moltiplicano. Il Presidente Obama non ha proposto percorsi di pace, ma ha sottolineato questioni che da anni si trovano sul piatto di una bilancia che pende sempre di più dalla parte dei paesi Occidentali! Si ritorna a mettere al centro dell'attenzione la questione Israeliana, la sua condizione di estremo pericolo derivante dalle minacce Iraniane, e la volontà da parte degli Stati Uniti di intervenire in quello che potrebbe diventare il luogo per un ennesimo conflitto mondiale.
Obama è stato chiaro: "gli Stati Uniti faranno ciò che devono per impedire che Teheran si doti di un'arma nucleare". Non è forse un chiaro monito che potrebbe rischiare di far saltare in aria una parte del mondo che da tempo è niente di meno che una vera e propria polveriera?
Ci convincono poco le parole del presidente Americano quando afferma che la volontà degli Stati Uniti è quella di fare in modo che "ogni popolo scelga i propri rappresentanti"; specialmente quando fa esplicito riferimento a paesi quali Palestina e Libia!
Le condizioni della Libia di oggi non sono migliori rispetto a quelle dell'epoca in cui "regnava" Gheddafi, e lo stesso Popolo libico non è stato ancora messo nelle condizioni di decidere autonomamente riguardo al proprio destino; eppure nessuno, o pochi almeno, hanno richiamato l'attenzione sulle vittime di questo conflitto, così come niente è stato detto o scritto sull'insensatezza dei costi che questo ha comportato!
Per quanto riguarda la Palestina non credo vi siano dubbi nell'affermare che siamo in realtà di fronte al fallimento (voluto?) di una politica occidentale che ha marcatamente favorito l'autodeterminazione, o meglio, la tutela (rivolta a senso unico) di un solo paese, Israele.
L'intervento di Obama all'ONU non fa altro che ripetere un cliché che dura da decenni; Democratici e Repubblicani non hanno mostrato, nel tempo, sostanziali differenze in merito.
L'enfasi mostrata da Barack Obama è più che probabilmente motivata dal suo desiderio di essere rieletto, e soprattutto dalla volontà di rispondere a quelle componenti, sicuramente influenti, rappresentate, oltre che dagli stessi Repubblicani, da quella establishment militare che non ha mai gradito la sua presunta "morbidezza" accusando lo stesso Presidente di aver messo varie volte in discussione i "valori americani".
L'uccisione dell'ambasciatore Americano Chris Stevens, atto indiscutibilmente inaccettabile, resta pur sempre la punta di un iceberg rivelatrice di una situazione che da tempo è divenuta insostenibile nella regione Medio Orientale, e verso la quale, gli stessi States, hanno mostrato ben poca voglia di misurarsi attraverso altre modalità di confronto che non siano quelle della solita “prova di forza”.
Ciò che si sta consumando in questi giorni in sede ONU, è qualcosa che abbiamo visto e rivisto per anni! Il fallimento della diplomazia politica lascerà presumibilmente il posto a risoluzioni che inaspriranno ancora di più la situazione fino al suo completo deterioramento.
Il sogno di una vera riforma dell'ONU, con la costituzione di un "organismo" libero da ingerenze e veti interessati, resta ancora una volta il pensiero onirico di chi crede veramente in uno strumento al servizio della pace.
Suona ovviamente stonato, in questo contesto, il richiamo fatto da Obama "all'unità di popoli e culture diverse". Il suo misero tentativo populista di accostare i movimenti studenteschi di Giacarta e Seoul, le realtà di Praga e di altri luoghi del mondo che aspirerebbero ad una vera "stagione democratica", finisce per scontrarsi con la sottolineatura del ruolo delle "truppe americane che hanno rischiato le loro vite lontano nel mondo".
Mostrarsi faziosi in questo contesto e con questi scenari sarebbe folle; così come sarebbe miope non riuscire a leggere la realtà tacendo sulla pericolosità dei percorsi che potrebbero aprirsi da un momento all'altro. La denuncia di tutto questo ci appare quindi come un vero e proprio obbligo morale.
Culture secolari, religioni, e costumi altrettanto antichi, rimangono ogni volta imprigionati nel mirino di un meccanismo che privilegia la tutela del sistema Occidentale.
Ormai c'è la tendenza (voluta?) a generalizzare, non pensando che il "buono" e il "cattivo" esiste in ogni dove.
La cronaca è ormai conosciuta e ci consegna una serie di atti violenza e di moti di protesta che hanno colpito, in diversi Luoghi, obiettivi "occidentali".
Nessuno ha l'intenzione di giustificare la violenza, specialmente se può costituire il pretesto per una reazione che viaggerebbe sullo stesso piano, ma uscire fuori dal piano dell'analisi e della comprensione degli avvenimenti, appare sicuramente sbagliato e strumentale.
Barack Obama, in occasione del suo intervento di ieri (mart. 25 settembre, ndr.) all'Assemblea dell'ONU, ha esplicitamente e altrettanto "semplicemente", risposto come sempre hanno fatto i suoi predecessori, dichiarando che le proteste musulmane sono un "attacco agli ideali su cui si fonda l'ONU" e non solo L'America.
Ma quali sono gli ideali su cui si fonda l'ONU? Forse ci sbagliamo nel credere che siano il perseguimento della Pace nel Mondo?
Se la risposta è affermativa viene da chiedersi quali possano essere, e da cosa possano essere motivate le innumerevoli risoluzioni che negli anni sono scaturite proprio da quell'Organizzazione; risoluzioni che hanno spesso legittimato interventi militari, con la conseguente apertura di ulteriori conflitti, azioni belliche ed altro.
Le domande si moltiplicano. Il Presidente Obama non ha proposto percorsi di pace, ma ha sottolineato questioni che da anni si trovano sul piatto di una bilancia che pende sempre di più dalla parte dei paesi Occidentali! Si ritorna a mettere al centro dell'attenzione la questione Israeliana, la sua condizione di estremo pericolo derivante dalle minacce Iraniane, e la volontà da parte degli Stati Uniti di intervenire in quello che potrebbe diventare il luogo per un ennesimo conflitto mondiale.
Obama è stato chiaro: "gli Stati Uniti faranno ciò che devono per impedire che Teheran si doti di un'arma nucleare". Non è forse un chiaro monito che potrebbe rischiare di far saltare in aria una parte del mondo che da tempo è niente di meno che una vera e propria polveriera?
Ci convincono poco le parole del presidente Americano quando afferma che la volontà degli Stati Uniti è quella di fare in modo che "ogni popolo scelga i propri rappresentanti"; specialmente quando fa esplicito riferimento a paesi quali Palestina e Libia!
Le condizioni della Libia di oggi non sono migliori rispetto a quelle dell'epoca in cui "regnava" Gheddafi, e lo stesso Popolo libico non è stato ancora messo nelle condizioni di decidere autonomamente riguardo al proprio destino; eppure nessuno, o pochi almeno, hanno richiamato l'attenzione sulle vittime di questo conflitto, così come niente è stato detto o scritto sull'insensatezza dei costi che questo ha comportato!
Per quanto riguarda la Palestina non credo vi siano dubbi nell'affermare che siamo in realtà di fronte al fallimento (voluto?) di una politica occidentale che ha marcatamente favorito l'autodeterminazione, o meglio, la tutela (rivolta a senso unico) di un solo paese, Israele.
L'intervento di Obama all'ONU non fa altro che ripetere un cliché che dura da decenni; Democratici e Repubblicani non hanno mostrato, nel tempo, sostanziali differenze in merito.
L'enfasi mostrata da Barack Obama è più che probabilmente motivata dal suo desiderio di essere rieletto, e soprattutto dalla volontà di rispondere a quelle componenti, sicuramente influenti, rappresentate, oltre che dagli stessi Repubblicani, da quella establishment militare che non ha mai gradito la sua presunta "morbidezza" accusando lo stesso Presidente di aver messo varie volte in discussione i "valori americani".
L'uccisione dell'ambasciatore Americano Chris Stevens, atto indiscutibilmente inaccettabile, resta pur sempre la punta di un iceberg rivelatrice di una situazione che da tempo è divenuta insostenibile nella regione Medio Orientale, e verso la quale, gli stessi States, hanno mostrato ben poca voglia di misurarsi attraverso altre modalità di confronto che non siano quelle della solita “prova di forza”.
Ciò che si sta consumando in questi giorni in sede ONU, è qualcosa che abbiamo visto e rivisto per anni! Il fallimento della diplomazia politica lascerà presumibilmente il posto a risoluzioni che inaspriranno ancora di più la situazione fino al suo completo deterioramento.
Il sogno di una vera riforma dell'ONU, con la costituzione di un "organismo" libero da ingerenze e veti interessati, resta ancora una volta il pensiero onirico di chi crede veramente in uno strumento al servizio della pace.
Suona ovviamente stonato, in questo contesto, il richiamo fatto da Obama "all'unità di popoli e culture diverse". Il suo misero tentativo populista di accostare i movimenti studenteschi di Giacarta e Seoul, le realtà di Praga e di altri luoghi del mondo che aspirerebbero ad una vera "stagione democratica", finisce per scontrarsi con la sottolineatura del ruolo delle "truppe americane che hanno rischiato le loro vite lontano nel mondo".
Mostrarsi faziosi in questo contesto e con questi scenari sarebbe folle; così come sarebbe miope non riuscire a leggere la realtà tacendo sulla pericolosità dei percorsi che potrebbero aprirsi da un momento all'altro. La denuncia di tutto questo ci appare quindi come un vero e proprio obbligo morale.
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